E' venerdì sera, e sto leggendo un pezzo sul Corriere Online. 'La crisi? Colpa degli infelici'. Sembra uno di quei titoli a effetto, poi quando leggi magari si parla del lancio di un libro di Fabio Volo. E invece, questa cosa mi fa pensare.
'Stefano Bartolini, dell'Università di Siena, sostiene che stiamo pagando l’infelicità degli americani. E anche un po’ la nostra. La perdita di valori morali e di solidarietà – testimoniano le statistiche – ha fornito occhiali deformanti agli abitanti delle società opulente, confondendo, nella loro testa, l’obiettivo del ben-essere con quello del ben-avere. Infelici, gli americani hanno cercato di colmare il vuoto interiore riempiendolo di cose.'
'«Il denaro – spiega Bartolini – offre molte forme di protezione, reali e illusorie. Se gli anziani sono soli e malati, la risposta è una badante. Se i nostri bambini sono soli, la soluzione è una baby-sitter. Se la nostra rete di amicizie diviene scarsa e poco attraente o se la nostra città diviene troppo pericolosa per uscire, possiamo passare le serate in casa dopo esserci comprati ogni sorta di divertimento casalingo. Se il clima frenetico e invivibile delle nostre vite e delle nostre città ci angustia, una vacanza in qualche paradiso tropicale ci risolleverà. Se litighiamo con i nostri vicini, le spese per un avvocato ci proteggeranno dalla loro prepotenza. Se abbiamo paura, possiamo difendere i nostri beni con sistemi di allarme. Se siamo soli, o abbiamo relazioni difficili e insoddisfacenti, possiamo cercare un riscatto identitario nel consumo, nel successo, nel lavoro».
La teoria è paradossale, ma sento che c'è qualcosa di vero. E mi sento anche vagamente in colpa. Quindi, adesso spengo il pc, chiamo qualcuno per passare la serata e ringrazio di non abitare nel Connecticut.
4 ore fa
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