giovedì 23 giugno 2011

CANNES 2011. A SCUOLA DI COREANO

Pasquale Diaferia sta seguendo in diretta Cannes con alcuni pezzi illuminanti. Ecco l'ultimo.



'Nel Gala di martedì sera il Grand Prix Media è stato assegnato alla Korea per la campagna Tesco di Cheil Advertising (si pronuncia con una C dolce come quella di Cielo). Passa la notte e la sigla asiatica tiene un seminar sulla Smart Tv. Sono le 9,30, e per i ritmi del festival è come se fosse il primo albeggiare. Ti aspetti pochi eroi all’ascolto, invece la Sala Debussy da qualche migliaio di posti è praticamente piena. Cerchi occhi a mandorla e incroci soprattutto europei ed americani. Cominci a capire che l’agenzia, la InHouse della Samsung, ha lavorato veramente bene in questi ultimi anni. Poi ascolti i due speaker, e percepisci il segnale debole: i grandi clienti, che già avevano preso in mano il drive della comunicazione, adesso schiacciano sull’accelleratore.

Aveva cominciato la P&G 10 anni fa: il CEO si presentò al festival, circondato dai direttori creativi delle sue agenzie. Ricordo Paul Arden della Saatchi che ascoltava rapito il suo cliente: “Abbiamo capito che la creatività è un asset che può fare la differenza anche per grandi aziende come la nostra”. Oggi si arriva all’evoluzione della specie, mentre Jason Choi, Head of Strategic Planning & Global CrossOver di Cheil, spiega in fluido inglese cosa sta succedendo alla tv. Ma soprattutto alla pubblicità.

Gli ultimi 5 anni sono stati caratterizzati dalla presenza di piattaforme web, da Yahoo ad iTunes, che raccoglievano pubblicità e addirittura proponevano nuove modalità creative, come il GoggleLab, in evidente concorrenza con le agenzie tradizionali. Da ieri si può ufficialmente considerare aperto un nuovo periodo: quello in cui sono i grandi clienti, in questo caso la Samsung, a lanciare sul mercato agenzie di comunicazione di loro proprietà e proporre addirittura piattaforme tecnologiche che diventano supporti per la comunicazione di altri clienti. Insomma, cliente/agenzia/editore/produttoredicontenuti/concessionariadipubblicità, tutto in un’unica insalatiera e con un solo proprietario.

E dire che il coreano comincia da una battuta quasi conservativa: “La TV non è morta”, degna di un direttore creativo italiano sui 60 che prova a farti girare ancora oggi uno spot anni’80. Ma Choi è giovane, vestito come un gagà napoletano e disegna il futuro. Dove c’è un Tv maxi schermo che è in realtà come un grande smart phone, in cui lavorano una serie di Application di intrattenimento, informazione, sport, educazione, social netwok . Solo lo scorso febbraio ne sono state scaricate 5 milioni, mettendo Samsung tra le Global Top 10 Apps, in compagnia di YouTube, Goggle Maps e simili. D’altronde, nelle classifiche dei download dei paesi industrializzati ci sono soprattutto Application video di tipo Premium. Facile quindi capire che il business sarà lì, nei contenuti. E da creativo mi compiaccio, perché sempre da chi ha le idee si deve passare, per nostra fortuna.

Ma è stata la parte più commerciale, quella che mi ha impressionato. Choi si è speso esempi di comunicazione innovativa di grandi clienti come Bmw , H&M, Loreal. Ha illustrato una varietà di servizi degni della migliore web agency: Display Adv, InApp Adv, Branded Apps, Rich Media, Ad Serving, Ad Tracking & Measuring. Ha mostrato attività istituzionali e promozionali da multinazionale strutturata: dalla vendita di pizza a domicilio mentre guardi il SuperBowl in tv fino alle attività di brand social networking.

Morale: si faceva dell’ironia quando riferivo le volontà creative di P&G. Poi è arrivata la loro valanga di Leoni d’Oro. Si sorrideva quando segnalavo che le grandi piattaforme rubavano il mestiere alle agenzie. Poi il Goggle Lab ha assunto un direttore creativo da Ogilvy e Sorrel ha protestato proprio qui al Festival 3 anni fa. Adesso arriva la Samsung: con la loro InHouse vincono un Grand Prix come agenzia, presentano la nuova smart technology, vendono innovativa pubblicità tv.

Mentre come al solito voi dimostrate scetticismo, io un corso accelerato di coreano lo vado a fare.

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