mercoledì 31 marzo 2010

DIESEL.A HUNDRED LOVERS



A metà tra il clip musicale e il catalogo questo video realizzato da Anomaly per Diesel. Il pezzo è A hundred lovers, del debuttante Josep Xorto. Mah. Sembra un po' una versione un po' più noiosa di Uniqlock.

Agency: Anomaly, London
Executive Creative Director: Mat Jerrett
Creative Director: Anomaly
Producer: Anomaly

Production Company: Stink Digital
Director: Arno Salters
Executive Producer: Mark Pytlik
Film Producer: Hera King
DoP: Will Bex
Art Director: James Hatt
Editor: Paul Hardcastle @ Trim

Production Manager: Jane Shackleton
Production Assistant: Simon Sanderson, Jess Fletcher
Post Production: Envy, London

Interactive Producers: Adam McNichol, Emma Rhys, Linda Essen-Moller
Lead Developer: Ian McGregor
Key Developers: Ozay Olkan, Zenon Olenski
Design: Tom Jennings

Music: Josep - A Hundred Lovers

martedì 30 marzo 2010

I DO IT WITHOUT CONDOM



Facebook ha 500 milioni di utenti, ma pochissime case histories creative interessanti, cioè che utilizzano una delle caratterisitiche del media in modo originale. Whopper Sacrifice e il suo 'unfriend' è la più citata, recentemente Ikea ha usato il tagging delle foto, e poi What is your bra color ha avuto una certa risonanza virale. Ora c'è questo lavoro sull'AIDS fatto da un'agenzia tedesca, che utilizza la generazione di gruppi con titoli provocatori come meccanismo creativo: 'I do it without condom', 'I hate condom'. Zero budget e buone idee, ecco la ricetta del successo su FB.

Agency: Phlipp und Keuntje
Client: vergissaidsnicht.de
CDs: Jo Marie Farwick, Diether Kerner
AD: Alexander Norvilas
CW: Rene Ewert, Dennis Krumbe
Account: Steffen Schwab

ELASTICITY



Ogni tanto qualcuno si inventa un modo nuovo per usare un media vecchio. In questo caso lo fa un'agenzia di Mosca, che utilizza lo schermo in tessuto (chissà se funiona con i nuovi schermi in 3d) di un cinema per parlare di elasticità. Non un granché come realizzazione, ma di sicuro sorprendente per gli spettatori. C'è anche il making of. Non sono sicuro di aver capito bene l'ultima parte, ma l'artigianalità nella realizzazione delle lettere fa tenerezza.

Advertising Agency: mfive creative group, Moscow, Russia
Creative Director/Copywriter: Marina Majorova
Art Director: Maksim Buchenkov
Production company: mfive
Director: Maksim Buchenkov (mfive)
Published: March, 2010

venerdì 26 marzo 2010

AI TEMPI DI LELE E PASQUALE


E' talmente ben scritto questo ricordo di Till Neuberg, postato oggi sulla lista dell'ADCI, che lo riporto integralmente.

'Come già hanno fatto altri amici e colleghi, anch'io voglio evitare di dire
cose note (la carriera, le campagne, i premi, le sue agenzie - che erano già
mito quando la maggior parte dei colleghi stavano ancora cercando la propria
strada). Pertanto provo a condividere alcuni momenti grazie ai quali la mia
vita professionale - ma non solo quella - è stata spiazzata e valorizzata da
Emanuele. A volte col botto, ma nella maggior parte dei casi, con garbo e
discrezione.

La prima volta che avevo sentito parlare di lui, era quando la réclame
italiana stava compiendo i primissimi passi per uscire dal populismo naïve
(e io stavo vivendo la mia mutazione mentale e professionale dalla grafica
verso la pubblicità). La prima agenzia che ci aveva provato, era un posto
chiamato Itamco che la Young & Rubicam americana aveva appena rilevato. I
nuovi proprietari avevano deciso che il talento individuale/casuale di
qualche dirigente locale, non bastava più. Imposero che a menare le danze
che oggi chiamiamo "creative", fosse un personaggio forte, colto,
possibilmente straniero. La scelta cadde su Geoffrey Tucker, uno stratega di
lavoro inglese particolarmente bravo nell'individuare, spingere e spronare i
giovani talenti. Era molto navigato nella politica del suo paese. Grazie a
lui, nel 1970 Edward Heath sarebbe poi stato eletto primo ministro della
Gran Bretagna.

A Milano, alla Y&R in piazza Duse 2, Tucker guidò una sorta di dream team
creativo: come art, c'era un giovanissimo wunderkind tedesco di nome Michael
Göttsche e due copy, Emanuele Pirella e Matteo Lamacchia. Facevano campagne
che per gli standard italiani allora erano autentiche rinascite di stile e
di buon gusto. Le prime marche per le quali applicavano quel loro savoir
faire, erano prodotti di largo consumo: Plasmon, Gancia, Dreher, Knorr. Per
gli spot potevano contare su una vera tv producer. Olga Aulenti, sorella
dell'architetta, non era la solita "capoufficio cinema" (come si chiamavano
allora), ma una persona moderna e colta che disprezzava cordialmente
Carosello. Era una squadra di amici, compatta, a volte persino affettuosa -
non solo lavorativa.

Come si dice in questi casi: "Il resto è storia".

Una storia che riguarda una parte rilevante dei creativi italiani. In
rigoroso ordine alfabetico, cito i nomi di quelli che in modo sempre
incisivo e indelebile avevano legato gran parte della loro vita alla persona
e alla personalità di Emanuele (mi perdonino tutti quelli che in questo
momento non mi tornano in mente, saranno almeno il doppio!):

Dario Alesani, Sandro Baldoni, Andrea Bayer, Isabella Bernardi, Francesco
Bozza, Massimo Carraro, Aldo Cernuto, Enrico Chiarugi, Stefano Colombo,
Marco Cremona, Bruno Ferlazzo, Roberto Gariboldi, Michael Göttsche, Emilio
Haimann, Matteo Lamacchia, Giancarlo Livraghi, Mauro Manieri, Marco
Massarotto, Umberto Mauri, Livio Mazzotti, Lele Panzeri, Roberto Parisi,
Pino Pilla, Roberto Pizzigoni, Enrico Maria Radaelli, Daniele Ravenna,
Paolo Rossetti, Roberta Sollazzi, Enzo Sterpi, Aldo Tanchis, Annamaria
Testa, Agostino Toscana, Pietro Vaccari, Giampiero Vinti, Köbi Wiesendanger,
Nicola Zanardi.

Pirella ha sempre sottolineato con orgoglio che, nella pubblicità, il suo
primo e grande maestro è stato Tucker. Nella letteratura erano Gadda,
Vittorini, Calvino e, ovviamente, Flaiano.

Nello stile e nei rapporti s'ispirava palesemente a Bernbach.

Da questo punto di vista, il suo unico e grande antagonista è stato Pasquale
Barbella. Un giorno, il loro lungo testa a testa di qualità, di ambizioni,
di stile, era sfociato in un'autentica dichiarazione di stima (quasi
d'amore) di Pasquale quando pubblicò un annuncio con la head: "Perché
Pirella è meglio di Barbella"... e giù una bodycopy che ci aveva deliziati
tutti quanti. Come "brand" Pirella, Pasquale parafrasò visivamente
nientemeno che il mitico logo Pirelli (con la P allungata).

Se nel ciclismo in Italia c'erano Bartali e Coppi, nel cinema la Lollo e la
Loren, nel calcio Rivera e Mazzola, noi della pubblicità "avevamo" Lele e
Pasquale.

Dire "avevamo", è una metafora un po' paradossale - perché in realtà quei
due avevano noi. La fila di creativi che furono intervistati da "quei due",
era sempre lunga così. Poter dire "lavoro con Pirella" (o Barbella) era come
esibire una Gold Card. Ma tutti e due avevano un vezzo: i "nuovi" creativi
preferivano inventarseli loro. Gli piaceva intervistare giovani vogliosi,
parlare con studenti disorientati, fargli domande cattive. Scoprire talenti
inattesi, era cento volte più appagante che assumere delle star. Se volevano
fare il copy, guai a presentarsi senza avere già scritto cose rilevanti (non
necessariamente di pubblicità). Il disprezzo per le giovani leve che non
leggevano e non scrivevano tanto, sempre, ovunque e comunque, poteva anche
raggelare di colpo il colloquio.

Se l'anomalia tutta italiana di investire oltre la metà dei budget nella tv,
è stata in qualche modo mitigata, lo dobbiamo anche a Pirella. Senza la sua
passione per l'inventiva concettuale, visiva e verbale, molti periodici
sarebbero spariti già una quindicina d'anni fa. Quando persino il negozietto
sotto casa, sognava solo di apparire in tv, resistere, resistere, resistere
per fare buone campagne stampa, era un suo modo disperato, eroico, cocciuto,
per non soccombere allo strapotere di Mediaset. La circostanza è racchiusa
in un episodio che Pirella (in un'intervista raccolta da Rossella Pizzera
per il "Latore della presente" - testata di una newsletter ADCI inventata da
lui, come peraltro, il nome e il logo del periodo trade "Nuovo"), ha
raccontato così: «Publitalia offriva ai clienti le campagne TV già girate,
quindi cominciava a essere una specie di competitor per le agenzie. Così fu
organizzata all¹Hotel Gallia una cena riservata ai soci, a cui partecipò
anche Berlusconi. (...) Quella sera Berlusconi ci venne a raccontare che non
era vero, che non avevano mai fatto campagne, ma che se le avevano fatte non
le avrebbero fatte mai più. Certo che Berlusconi che veniva a scusarsi, che
chiedeva l¹iscrizione al Club, e per questo era disposto a pagare 500 mila
lire, era una cosa curiosa».

Un altro episodio me l'aveva raccontato proprio lui. Erano gli anni del
rampantismo, agli inizi degli anni '80. Emanuele era già un mito, insieme a
Barbella, Mignani, Sanna e Annamaria Testa era uno dei pochi pubblicitari a
essere ripetutamente citato e intervistato dalla cosiddetta stampa periodica
d'opinione. Per una breve vacanza fuori stagione, Emanuele si trovava in una
paese africano (forse era Agadir, non ricordo), in un bell'albergo. Leggendo
tranquillamente la sua abituale Repubblica accanto la piscina, gli si
avvicinò un omone cicciotello, con aria tra il sorridente e il minaccioso:
«Anche qui?» Era Craxi.

In un breve colloquio il politico provò a incantarlo, a portarlo "dalla sua
parte". All'epoca il leader socialista non era ancora pubblicamente
compromesso per le sue ruberie, gran parte dei progressisti del paese lo
consideravano ancora un innovatore. Pirella mi fece capire che dal punto di
vista professionale rifiutare la complicità di Craxi non era facile, ma che
in sostanza quell'uomo gli faceva paura. Il suo sorriso non era solare, ma
un po' troppo vicino a un ghigno.

Solo pochi anni dopo (nel 1985), io stesso fui indirettamente coinvolto come
produttore e regista in quella vicenda: per lo storico cliente Repubblica,
Aldo Cernuto e Roberto Pizzigoni avevano pensato una campagna a sua volta
"storica": nei due soggetti stampa che ricordo, si vedevano il Papa e Craxi
con aria annoiata e sonnolenta. Headline: «Repubblica sveglia l'Italia».
Nello spot c'era un boiardo politico (anonimo) appisolato che dopo alcuni
discreti hm hm hm, veniva svegliato brutalmente dal suo maggiordomo (o messo
istituzionale) con un fragoroso sbattimento di Repubblica sulla sua
scrivania. In occasione del breve PPM, Emanuele si affacciò per una sola
battuta: «Vedrai, ci divertiremo!»

Infatti, ci siamo divertiti un sacco.

Parecchi anni prima, Emanuele mi telefonò personalmente per chiedermi: «Hai
presente Krusciov che alle Nazione Unite, per protestare, si toglie la
scarpa e la sbatte ripetutamente sul leggìo?» Era una scena mitica che tutti
quanti avevamo visto e rivisto un sacco di volte alla tv. Durante un
incontro con Luciano Benetton che aveva appena acquisito il "Calzaturificio
di Varese", Emanuele aveva inventato, al momento, uno spot dissacrante con
la citazione video di quella scena. Al cliente piacque subito e,
naturalmente, anche a me. Il guaio era che quella famosa scena era sparita
da tutti gli archivi possibili di tutto il mondo. I servizi segreti di
Breznev avevano fatto un ottimo lavoro. Scambiammo centinaia di telefonate e
telegrammi con decine di archivi, libraries, cinegiornali, con le stesse
Nazioni Unite, persino con ambasciate e alcuni centri di documentazione
militari. Ci ricordammo che la scena era anche inserita in un mitico
documentario dal titolo "Atomic Cafè". Era sparita anche da lì. Quando ne
parlai a Emanuele, la sua risposta fu laconica: «Se ho interpellato un
produttore svizzero - e non italiano - l'ho fatto perché mi serviva un
coltellino multiuso». Negli anni '70 non c'erano ancora gli effetti
digitali. L'unica possibilità era ricostruire e rigirare quella scena. Il
miglior sosia di Krusciov lo trovai a Londra. Di mestiere faceva il
lottatore. Assomigliava moltissimo al suo collega (russo, pelato, cattivo,
come lui) che Kubrick aveva usato nella famosa scena della rissa nel suo
"Rapina a mano armata" con Sterling Hayden.

Il lottatore finto ucraino faceva benissimo la sua parte. Tutto funzionò.
Dopo la presentazione a Benetton, Pirella mi telefonò per prendermi in giro:
«Tutto bene. Meglio dell'originale».

Un'altra volta gli produssi un "codino" di soli 10 secondi per la RAS. Lo
script prevedeva un turista imbranato che in mezzo al deserto era riuscito a
scontrarsi con l'unica palma che si vedeva nel giro di chilometri. Girammo
alle Canarie. Per spostare e posizionare una palma in mezzo alla sabbia, ci
voleva l'elicottero e un permesso speciale. Per non portarlo apposta
dall'Italia, l'unico Maggiolino in zona lo trovammo su un'isola vicina, via
nave. Quella follia di pochi secondi costava come produrre un grande spot.
L'unico "risparmio" fu la presenza dell'elicottero che con i suoi rotori
serviva anche per togliere le nostre impronte dalla sabbia.

Alla presentazione (con account, producer, creativi) Emanuele arrivò in
ritardo. Il cliente non voleva aspettare e insistette per vedere subito lo
spot, anche senza di lui. Fu un disastro. «Per girare questa stupidata ci
avete fatto spendere tutti quei soldi? Ma non potevate andare in Sardegna, o
proporci un altro spot? Io questa roba non ve la pago!» A questo punto,
calmo e sorridente, entrò Emanuele. Nonostante non avesse mai visto primo lo
spot, disse serafico al cliente: «Solo dieci secondi, ma forse valgono più
di trenta... vediamo!». Alla fine approvò. Lui - non il cliente. E aggiunse:
«Ha visto, carino, convincente, perfetto!» Il cliente lo ringraziò,
complimentandosi per l'ottimo lavoro.

Oggi, per situazioni del genere scomodiamo paroloni come guru, adrenalina,
carisma. In realtà le cose sono molto più semplici: la cultura (quella vera,
non quella del gossip e dei quiz), quando si combina con il common sense e
con un'adeguata porzione di cattiveria, non si fa mai mettere sotto dalla
mediocrità, dai burosauri.

Un'altra volta un suo cliente faceva il furbo e per mesi e mesi non aveva
pagato la mia casa di produzione. Ero fuori per un bel po' di soldi. Siccome
si era trattato di un giro piuttosto complesso tra l'agenzia,
un'associazione che lavorava nel sociale e Mediaset, alla fine mi rivolsi a
lui. Mi ascoltò pazientemente e chiamò il suo responsabile amministrativo
(che non era un contabile qualsiasi, ma il suo consulente finanziario,
lucido e competente). E Lele gli disse: «Vediamo come possiamo risolvere
questa faccenda». Dopo tre giorni ebbi i soldi. Me li aveva anticipati lui.

L'ultimo volta l'ho visto di persona, alle otto di sera, a parlare con
l'altro Lele nella sua "Scuola". Discutevano del peggior cliente che in
assoluto può capitare a un creativo (un leader di mercato, presuntuoso,
notoriamente ignorante, ma che aveva quasi sempre avuto la sfacciata fortuna
d'imbattersi in agenzie di qualità). Beh, intravedendo, per un breve, fugace
saluto, il grande Pirella a perdere tempo per un clientaccio di quel tipo,
m'era venuto il magone. Ma come, mi ero detto, perché uno come lui non se la
spassa a divertirsi solo con clienti di qualità? O a scrivere libri? O a
tenere conferenze strapagate?

E invece no.

Emanuele era un lottatore. Gli piacevano le sfide. Anche quelle dure. Amava
esprimersi con (a volte, micidiale) ironia, a voce bassa, spesso in modo
laconico. Sapeva anche ascoltare - rarissima qualità. Era (facile a dirsi
oggi) un gentleman duro.

E' un paradosso, ne sono sicuro, che avrebbe apprezzato. Till

giovedì 25 marzo 2010

THE LAST ADVERTISING AGENCY ON EARTH

L'ondata del digital spazzerà via il sistema media-agenzie? Diciamo che un po' di cose sono già successe: il modello internet gratis sui contenuti ha già fatto chiudere giornali e riviste, Tivo e i DVR riescono ad annichilire i commercial, Youtube minaccia l'esistenza di canali come MTV, ma a sua volte non produce utili. Intanto, però, il superbowl ha avuto la maggiore audience di sempre megli states, 106 milioni, e la serata degli oscar pure. E Google per avere una audience così ha dovuto pagare 3 milioni di dollari per il suo delizioso 30 secondi. Quindi, dobbiamo ancora aspettare per vedere scomparire The last advertising agency on earth.



Advertising Agency: Saatchi & Saatchi Canada
Executive Creative Director: Brett Channer
Creative Director: Helen Pak
Associate Creative Director: Brian Sheppard
Art Director: Helen Pak
Copywriter: Brian Sheppard
Production Company: Tool
Director: Jason Zada
Executive Producer: Erich Joiner
Producer: Kelly Christianson
DOP: Ketil Dietrichson
Editor: Richard Unruh
Edit House: Rooster
Colourist: Eric Whipp
Flame Artist: Mike Bishop
Music Company: Pirate Radio and Television
Music Executive Producer: Tom Eymundson
Music Composer: Brendan Quinn
Digital Production: Lunch
Executive Producer: Amy Miranda
Published: March 2010

PELEPHONE WORLD



Ogni tanto escono questi filmati di Pelephone, un operatore di telefonia di Tel Aviv, così fiabeschi e stralunati che non posso non guardarli. Come Canons e Another World, Gravity.
Da notare che è cambiata l'agenzia, da Grey a Saatchi, ma il mondo è lo stesso. E anche il veicolo a tre ruote. Forse è lì che vorrebbero vivere gli israeliani.

Advertising Agency: BBR Saatchi & Saatchi Tel Aviv, Israel
Chief creative officer: Yoram Levi
Creative director: Nadav Pressman
Art directors: Oren Amiran, Tani Zeiffer
Copywriters: Tom Reuveni, Ori Slonim, Eliad Friedman
Account director: Idit Zuckerman
Supervisor: Hagai Leeran
Account executive: Elad Kuperman
Planning director: Libby Katz
Planner: Nir Duer

martedì 23 marzo 2010

EMANUELE PIRELLA. DIECI E LODE.


Oggi è scomparso Emanuele Pirella. Aveva 70 anni. E' il creativo italiano che ho sempre ammirato di più. L'unico a cui Adland ha dedicato tre pagine.

Dal sito dell'Art Director Club:

30" di silenzio per Emanuele Pirella

"La scomparsa di Emanuele Pirella ci ha colti di sorpresa e ha turbato profondamente me come tutte le persone che hanno avuto il privilegio di conoscerlo" dichiara Marco Cremona, presidente dell'Art Directors Club Italiano "L'ultima volta l'ho visto l'estate scorsa sul suo gozzo a Portofino, felice di godersi la salsedine ligure... voglio ricordarmelo così."

Emanuele Pirella era tra i Soci Fondatori dell'ADCI nel 1985 – è stato anche presidente nel 1989 – e ha rappresentato un punto di riferimento per 3 generazioni di creativi. Se oggi quasi 200 tra i migliori creativi italiani possono fregiarsi della qualifica "Socio ADCI" è in gran parte merito suo, che ha saputo individuare e valorizzare tantissimi giovani talenti.

"A nome di tutto il Club" prosegue Cremona "voglio dedicare 30" secondi di silenzio – il formato classico di uno spot – a uno dei più grandi pubblicitari che il nostro Paese ha mai avuto. Ciao, Emanuele".

Till Neuburg, consigliere ADCI, lo ricorda così: "Emanuele è stato uno dei primi italiani ad avere capito che la pubblicità non è solo tamtam e volantinaggio. In anni lontani, uno dei primi ad aver superato (con i fatti) il provincialismo di Carosello. Uno dei primi ad avere apprezzato lo stile, l'eleganza, il senso del humour.Perché Emanuele era un uomo di cultura.
Leggeva e scriveva molto. Quando parlava, parlava piano. Ma forse proprio per questo, era molto convincente - senza essere un venditore.
Ho avuto parecchie occasioni per sperimentare personalmente questa sua forza - sul lavoro, in privato, in varie associazioni.
Solo pochi mesi fa (non sapevo che fosse malato), mi aveva fatto un enorme regalo: per il lancio del mio libro, scrisse un blurb particolarmente caldo e arguto - pieno pieno di passione culturale. Ma oltre alla cultura, Emanuele era dotato anche di un'altra qualità - forse ancora più rara e preziosa: aveva stile.
Da questo punto di vista, in un'epoca sguaiata come la nostra, essere stato vicino di banco (mi si perdoni l'accostamento un tantino arbitrario) di italiani come Corrado Augias, Piero Angela, Paolo Conte, Gillo Dorfles, Gianni Mura, Maurizio Pollini... e pochi altri, è un valore che fa entrare Emanuele in una speciale Hall of fame che è ben più importante di quella della pubblicità".

lunedì 22 marzo 2010

DO VIRALS WORK?


Sono richiesti in tutti i brief. Ci sono libri, articoli, tesi di laurea che ne parlano. Ce ne sono migliaia in giro, case di produzione video si sono riconvertite. I virals ads sono il mito di questi anni. Ma la domanda è: funzionano? Certamente, se pensiamo a Dove Evolution. E anche qualche altro. Per esempio, Evian Baby Roller. E qui c'è la classifica dei migliori virals ads di sempre. Ma ci sono anche dei grossi, seri, pesanti dubbi. Il terzo capitolo di The Chaos Scenario, di Bob Garfield, parla di Youtube, e a proposito dice: 'Virality isn't a strategy, is a fluke (colpo di fortuna). In the history of online video, you can count the virals smashes on the fingers and toes of one amputee.' E non è tutto: 'Online ads don's work. People snacking video bits are simply not in a transactional mood'. I milioni di ragazzi che hanno visto Walk in fridge sono poi andati a comprare la Heineken? Un'altra risposta viene da Millward Brown. Una ricerca che analizza la capacità di alcuni commercial di diventare virali conclude che 'There was no relation between persuasion and viral potential. It's interesting to notice these viral ads are very engaging, but they may not be ultimately persuasive."
E questa non è solo una considerazione che riguarda i virali, ma tutta la pubblicità. In un libro di Cernuto e Pizzigoni di qualche anno fa c'era una matrice fatta così: campagne brutte che non funzionano, brutte che funzionano, belle che non funzionano, belle che funzionano. Mentre tutti tendono alla numero 4, spesso incappano nella 3. Ecco perchè molte agenzie si consolano facendo dei bellissimi fakes. La beffa è che a volte non funzionano nemmeno come virali.

venerdì 19 marzo 2010

MOVISTAR. CONNECTED

Ogni giorno ci sono decine di nuove campagne su Adsoftheworld, e guardarle tutte, specialmente i film, è impegnativo, anche perchè il browser video è lento e mi si ferma in continuazione. Allora ho deciso di aprire solo gli annunci che hanno un voto superiore alle 9 stelline rosse. Avrà tutti i difetti, ma è un metodo che funziona, perchè mi fa risparmiare tempo, e mi dà anche un'indicazione di cosa piace di più o di meno. Per esempio, questo filmato Movistar Perù, con un testo molto retorico, e un meccanismo split-image che non è nuovo, ha preso 9.3: e mi prende pure, con tutti i suoi difetti. Forse per la musica, o per il crescendo, per il sudamerica, per il povero contadino, per il bambino che chiude gli occhi, per la nuova versione del concetto el pueblo unido jamas serà vencido. O forse perchè sono ormai rincoglionito anch'io.



Advertising Agency: Y&R Peru
Executive Creative Director: Flavio Pantigoso
Head of Art: Christian Sánchez
Copywriter: Flavio Pantigoso
Agency Producer: Patricia de la Cuba
Production: Fat Free Films, Lima
Director: Vladi & Diego
Assistant Director: Nelson Aguilar, Guido Merea
Director of Photography: Atahualpa Rojas
Art Director: Sandro Angobaldo
Executive Producer: Alejandro Noriega
Production Supervisor: Julieta Kropivka, Eduardo Guerra
Field Production: PorDos Producciones, Lima
Editor: Micky De La Barra
Post Production: Che Revolution Post, Buenos Aires
Post Producer: Julián Rearte
Audio: Noize, Lima
Music: Pelo Madueño
Voiceover: Pelo Madueño
Account Director: Eduardo Grisolle
Account Supervisor: Manuel Ahumada
Client Approval: Luis Eduardo Garván, Fiorella Espejo, Ricardo Hjares

lunedì 15 marzo 2010

ASSVERTISING

Sì, lo so che 'assvertising' è un'altra cosa. Ma mi piace definire così questo filone creativo, che ogni tanto riappare.

Reebok


Divani divani

SPECSAVERS SPOOFS LYNX

Quali sono le storie umoristiche nella pubblicità? Sto parlando di umorismo vero, non di battute alla Christian De Sica o Paolo Bonolis. E di storie che durano. Allora: Hamlet, naturalmente. Effetto Axe, You've been tangoed, Kit Kat Have a Break, Skittles Taste the rainbow, Guinness Good Things, Central Beheer Just call us, Should have gone to Specsavers, giusto per citare alcune delle più famose. Recentemente Heineken Walk in Fridge. Oggi vedo un caso curioso: due di queste storie che si incrociano in uno spoof. Il famoso spot Billions di Lynx in chiave Specsavers.

Specsavers

giovedì 11 marzo 2010

NATURAL GAS MADE VISIBLE

Proprio bello questo film della TBWA Brussels per Natural Gas. Anche se il calore si ottiene anche con altri combustibili, questo calore fatto di lana sembra più naturale. Il film è stato girato da Lovo in stop motion, prima ricoprendo tutto con la lana, e poi decostruendo pian piano. Caldi applausi.



Client: Aardgas (KVBG) – Gaz Naturel (ARGB)
Contact: An De Backer – Isabelle Borremans
Agency: TBWA\Brussels
CD: Jan Macken
Creation: Michael Mikiels – Eric Maerschalck
Account: Christine Robie
TV Producer: Mieke Vandewalle – Laurent Van Ausloos
Production Company: Lovo
Director: Olivier Babinet
Producer: Bert Brulez
D.O.P.: Frank Van den Eeden
Music: Etienne Charry
Media: Tv, Youtube, Print

mercoledì 10 marzo 2010

BMW S1000 RR. ACCELERATION

La demo è tuttora una delle tecniche più usate nei commercial. E' però spesso noiosa e sciatta. Da tempo non ne vedevo una così originale. Anche se usa un vecchissimo trucco. E forse è anche truccata.

SWEET DISPOSITION

Cos'hanno in comune questi filmati?

Diet coke


Chrysler


500 days


Rapsody


Per chi non ha capito, la soluzione è qui.

Via Music Mix

martedì 9 marzo 2010

CAMPAGNE ITALIANE

Parlo raramente delle campagne italiane, ma sono contento quando esce qualcosa di bello. Il film della Y&R per Arena è divertente, anche se riprende lo stesso concetto di qualche anno fa - c'era un tizio che non riusciva a respirare fuori dall'acqua. Però lo stile da reportage lo rende diverso dalla regia molto patinata degli anni precedenti. Vediamo come si sviluppa in questa direzione, meno televisiva e più virale.



Advertising Agency: Y&R, Milan, Italy
Executive Creative Director: Vicky Gitto
Art Director: Cristian Comand
Copywriter: Vicky Gitto
Production: BRW USA
Director: Michele Nocchi

Impossibile da non guardare questa immagine creata da Lowe Pirella contro l'uso degli animali nei test dei cosmetici. Complimenti.



Advertising Agency: Lowe Pirella Fronzoni, Milan, Italy
Creative Director: Umberto Casagrande, Mauro Manieri
Art Director: Lorena Cascino
Copywriter: GB Oneto





E mi piace anche questa campagna di Tita per Feltrinelli, che ha già prodotto diversi soggetti. Con un minimo budget ma molto stile. E un riferimento all'Economist.

Advertising Agency: Tita, Milan, Italy
Art Director: Emanuele Basso
Copywriter: Giuseppe Mazza
Photographer: Matteo Macchiavello

lunedì 8 marzo 2010

THE HURT LOCKER



Devo dire la verità: fino a settimana scorsa non avevo nemmeno sentito parlare di The hurt locker. Per fortuna ho letto che era candidato all'Oscar, per fortuna ho l'applicazione di Sky sull'Iphone e sabato sera l'ho registrato a distanza, per fortuna ieri sera l'ho visto. Splendido. Sceneggiatura, regia, casting, sound effect, non so quali siano i premi ma mi ha tirato dentro del primo minuto. E poi il ritmo, accelerazioni improvvise e lunghe sequenze di snervante attesa. Poi sono contento che abbia vinto un film a basso budget, con un tema difficile, e di scarso successo al botteghino. Il contrario di Avatar. Se rivediamo la lista degli ultimi anni: 99, shakespeare in love. noioso e finto. 2000 american beauty. non lo rivedrei due volte. 01 il gladiatore. aaargh. 02 beautiful mind. sceneggiatura, non film 03 chicago. messa in scena, ma la storia moscia 04 signore degli anelli, mega produzione, meganoia 05 million dollar babby, intenso, ma oscar?06, crash, bello, ma la narrazione dei destini incrociati è ormai maniera 07 departed, non visto 08 non è un paese per vecchi, addormentato dopo venti minuti 09 millionaire, bello e furbo. Quindi, onore all'Academy che quest'anno ha fatto una scelta coraggiosa. E standing ovation a Kathryn Bigelow, prima donna a vincere per la regia.
E proprio nella cerimonia degli Oscar è andato in onda il primo commercial per Apple IPad. Niente di interessante, giusto una demo di prodotto, ma visto che questo è un blog di pubblicità, e non di cinema, almeno abbiamo la scusa.

venerdì 5 marzo 2010

L'INFELICITA' E LA GRANDE DEPRESSIONE

E' venerdì sera, e sto leggendo un pezzo sul Corriere Online. 'La crisi? Colpa degli infelici'. Sembra uno di quei titoli a effetto, poi quando leggi magari si parla del lancio di un libro di Fabio Volo. E invece, questa cosa mi fa pensare.
'Stefano Bartolini, dell'Università di Siena, sostiene che stiamo pagando l’infelicità degli americani. E anche un po’ la nostra. La perdita di valori morali e di solidarietà – testimoniano le statistiche – ha fornito occhiali deformanti agli abitanti delle società opulente, confondendo, nella loro testa, l’obiettivo del ben-essere con quello del ben-avere. Infelici, gli americani hanno cercato di colmare il vuoto interiore riempiendolo di cose.'
'«Il denaro – spiega Bartolini – offre molte forme di protezione, reali e illusorie. Se gli anziani sono soli e malati, la risposta è una badante. Se i nostri bambini sono soli, la soluzione è una baby-sitter. Se la nostra rete di amicizie diviene scarsa e poco attraente o se la nostra città diviene troppo pericolosa per uscire, possiamo passare le serate in casa dopo esserci comprati ogni sorta di divertimento casalingo. Se il clima frenetico e invivibile delle nostre vite e delle nostre città ci angustia, una vacanza in qualche paradiso tropicale ci risolleverà. Se litighiamo con i nostri vicini, le spese per un avvocato ci proteggeranno dalla loro prepotenza. Se abbiamo paura, possiamo difendere i nostri beni con sistemi di allarme. Se siamo soli, o abbiamo relazioni difficili e insoddisfacenti, possiamo cercare un riscatto identitario nel consumo, nel successo, nel lavoro».
La teoria è paradossale, ma sento che c'è qualcosa di vero. E mi sento anche vagamente in colpa. Quindi, adesso spengo il pc, chiamo qualcuno per passare la serata e ringrazio di non abitare nel Connecticut.

giovedì 4 marzo 2010

INTERNET. THE GREATEST POWER EVER



Dialogare con i grandi leader. Curare le malattie. Bloccare la deforestazione. Fermare la guerra. Davvero la gente di internet può cambiare il mondo? La BBC tenta di dare una risposta.

martedì 2 marzo 2010

A BRIGHTER DAY.



L'alba è un tema creativo non originalissimo. Così, a memoria, c'è un film italiano della JWT sui Corn Flakes, girato in Islanda, bello formalmente ma senza idea. E ce n'è uno che invece mi piaceva molto di Monsters, Don't fight monday, con la gente che cercava di impedire al sole di sorgere.
E poi c'è questo. Che non è proprio uno spot, ma la ripresa di un evento. La mattina dell'8 gennaio 2010 gli abitanti di Inuvik, un villaggio del Canada Artico che non vedevano l'alba da 31 giorni, si sono sentiti illuminare dalla luce. Un colossale sole di elio era stato issato per dire Brighter Mornings for Brighter Days. E bere Tropicana alla salute del nuovo giorno. Che dire: forse, dopo un mese di buio, la berrei anch'io, alle otto di mattina.
Bello.
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Via Disbanded.